Sabato12 aprile alle ore 17,30 presso la sala Sicurezza del Comune di Formia si terra’ la presentazione del libro di Fabio Emiliano Manfredi,
Morte di un medico condotto, Imprimatur edizioni. Interverranno Antonella Prenner e Michele Graziosetto.
RECENSIONI
MORTE DI UN MEDICO CONDOTTO – Fabio Emiliano Manfredi, Imprimatur Editrice, pagg. 260, Euro 17
Un giovane Autore per un romanzo-ricostruzione inquietante, che pone non pochi interrogativi al lettore sul come e sul perché di un periodo storico che tuttora riemerge con qualche strascico, spesso relegato in poche righe sui giornali locali, o si ripresenta prepotentemente in polemiche di ampio respiro in occasione della pubblicazione di volumi che vengono bollati come “revisionisti”.
Siamo nell’immediato dopoguerra, o, per chiamare le cose con il loro nome, nella seconda fase della Guerra Civile, a Piumazzo (Modena), nel cuore del “Triangolo della morte”, in quell’area, cioè, in cui gli appartenenti alle bande irregolari inquadrate rigidamente dal partito comunista avevano deciso di proseguire nei loro intenti eversivi, nonostante il resto del Paese stesse cercando di avviarsi verso una stentata normalizzazione, alla cui attuazione contribuivano anche i vertici politici del PCI, e primo fra tutti, lo stesso Togliatti, che, adeguatosi agli ordini di Mosca, non aveva alcun interesse a mantenere vivi i focolai di insurrezione pronti a riaccendersi in ogni momento.
La mattina del 19 maggio 1946 il medico condotto del paese, dottor Umberto Montanari viene freddato a colpi di pistola secondo la classica tecnica gappista. Ovviamente, la pista delle indagini si indirizza verso il delitto politico. D’altra parte, Montanari è un personaggio molto discusso, più per alcuni suoi comportamenti discriminatori nei confronti dei meno abbienti che non per essersi mai apertamente schierato nel passato; in più, gli si conosce un debole per il gentil sesso, e gli si imputano atteggiamenti poco professionali proprio in relazione a questa sua debolezza.
Ovviamente, pur essendo avvenuto in pieno giorno, sembrerebbe che nessuno abbia la certezza di aver riconosciuto gli assassini: è il classico binomio tra omertà e paura che fa da corollario a moltissimi delitti simili, perpetrati in molti paesi vicini.
Però le indagini proseguono e un testimone viene trovato: è un bambino di nove anni che, nascosto su un albero, dichiara di aver visto la scena del crimine e di riconoscere in alcuni ex appartenenti alle bande degli insorti gli assassini.
Seguono interrogatori presso la locale stazione dei Carabinieri e si arriva all’incriminazione di quattro persone, tutte di Piumazzo, che verranno processate e condannate a ventun anni di carcere, successivamente ridotte a quindici e condonate in base al decreto di amnistia per i reati politici.
In realtà, le deposizioni sono state estorte con minacce, e, inoltre, una perizia oculistica dimostra che il bambino era affetto da miopia congenita, e quindi non era in grado di vedere nitidamente dalla posizione in cui si trovava alla distanza in cui il fatto si è svolto.
Il finale del libro svela che l’omicidio avvenne su commissione come ritorsione per aver provocato con un comportamento omissivo la morte del padre del mandante. Quindi, la politica in realtà non entra nel delitto, ma fa da contorno a tutti gli eventi che ruotano intorno ad esso, e su questo l’Autore si sofferma con dovizia di descrizioni e di commenti.
Particolarmente ampio è lo spazio dedicato alla guerriglia che infuriò sulle montagne dell’ Appennino modenese, descritta con ricostruzioni puntuali, frammiste a descrizioni di fantasia, evidenti frutti degli studi post-universitari dell’Autore.
Una lettura piacevole, sebbene non imparziale, ove è bene discernere la storia dalla realtà romanzata.
Marzio Mezzetti
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