Mazzoccolo riforniva l’acqua alla città di Formia fin da epoca romana, assieme alle altre risorgive che alimentavano il cosiddetto Cisternone.
Lungo la via Appia (oggi via Abate Tosti) c’erano le terme. Ci sono ancora i resti dell’antico acquedotto, semidistrutto negli anni 50/60 per la realizzazione del pastificio (oggi Istituto IPIA). Tra l’acquedotto romano e la via Emanuele Filiberto fu realizzato un distributore di carburanti di proprietà AGIP (poi ENI). In epoca recente, da uno dei due serbatoi sono fuoriusciti circa 4000 litri di carburante che ha inquinato il mare dalla darsena della torre di Mola fino all’ex porto commerciale.
Quel serbatoio dista poche decine di metri dalla stazione di pompaggio di via Solaro e si trova in un’area interessata dalla stessa falda che alimenta Mazzoccolo.
Non si può, nè si poteva escludere il rischio di un rigurgito verso la sorgente. Oggi in quei serbatoi arriva acqua di falda (sempre della risorgiva di Mazzoccolo) che viene periodicamente drenata nei serbatoi di 5000 litri (cadauno) posti nello spazio retrostante al distributore. Quell’acqua viene poi trasferita al Nord e trattata come refluo speciale (30 tonnellate ogni 20 giorni). Il rischio di una risalita di inquinanti da valle verso monte, in direzione sorgente, è sempre attuale.
Alla metà degli anni ’80, fenolo, usato per pulire dei contenitori di rifiuti (presso il macello comunale), finisce in sorgente inquinando l’acquedotto. Negli anni trenta si produssero due gravissime epidemie di tifo a causa di una fognatura (casello ferroviario cento metri prima della galleria di Madonna di Ponza) che disperdeva nei terreni soprastanti Mazzoccolo. La ferrovia rappresenta una fonte di inquinamento notevole. Già nel 1910, nella fase di progettazione della direttissima Roma – Napoli, l’interferenza delle a ferrovia con la sorgente era paventata dagli ingegneri e dai geologi.
La trincea della Sparanise Gaeta fu allargata a quel che si vede oggi, con un taglio del costone della collina di Sant’Antonio ancora oggi visibile. Quel “cappello” di roccia aveva una funzione protettiva. Le acque meteoriche che cadono sui binari finiscono per interferire con la parte superficiale della falda di Mazzoccolo.
Ci sono poi i fabbricati del complesso “Le Rocce” che sovrastano la condotta che a pelo libero conduce l’acqua nella stazione di pompaggio di Via Solaro. Insomma Mazzoccolo, oramai è stretta da fonti inquinanti e per questo va rifatta la captazione. Furono fatti dei pozzi, alla metà degli anni ’80 a monte della ferrovia con fondi della CASMEZ (Cassa per il Mezzogiorno). Se fosse fatta lì la captazione, riusciremmo a prelevare un’ottima acqua da bere. Ci sono allo studio delle ipotesi di ricaptazione e di impermeabilizzazione del canale di trasferimento delle acque dall’emergenza di Mazzoccolo alla stazione di pompaggio. Francesco Carta.
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