MILANO – Nomisma stronca il taglio delle tasse sulla casa. Secondo l’Osservatorio sul mercato immobiliare, il taglio dell’imposta sulla prima casa genererebbe uno stimolo per il mercato alquanto modesto e un risparmio “esiguo”, stimabile in circa 17 euro al mese per i due terzi delle famiglie italiane. Lo sottolinea Nomisma, che avverte che il provvedimento non andrebbe nemmeno nel senso di una maggiore equità. “Evidenziata la scarsa capacità di stimolo, è necessario chiedersi se il provvedimento tuttavia persegua obiettivi di redistribuzione del carico fiscale nel senso di una maggiore equità”, ricorda Luca Dondi Consigliere delegato di Nomisma.
“A nostro parere, sulla base dei dati dell’indagine delle famiglie italiane realizzata dalla Banca d’Italia, la risposta è anche in questo caso negativa, in quanto a beneficiare del provvedimento sarebbero le famiglie con disponibilità reddituali medie più elevate. Emerge con un’evidenza degna di maggiore attenzione la sperequazione delle disponibilità economiche tra nuclei di proprietà e nuclei in affitto”.
Se la caratterizzazione dei beneficiari del taglio delle tasse sulla casa risulta oltremodo complessa, spiega Nomisma, si possono escludere con ragionevole certezza quasi sempre le famiglie con disponibilità economiche più contenute. Occorre infatti ricordare come allo sgravio a favore di tali nuclei abbiano in molti casi già provveduto le Amministrazioni locali attraverso la discrezionalità impositiva a loro attribuita dalla normativa in essere. “L’unica via affinchè si possa giungere a un sistema impositivo più equo continua ad essere la riforma del Catasto”, ricorda Dondi.
D’altra parte non è un mistero che l’Unione europea non abbia intenzione di appoggiare il taglio di Tasi e Imu, perché ritiene più urgente agire sull’Irpef e sulle tasse sul lavoro. Un punto di vista condiviso anche dalla Corte dei Conti e da Bankitalia che continuano a inviare segnali d’allarme al governo. E, in effetti, l’analisi sulla cattiva distribuzione del peso fiscale italiano è nota, ma le parole usate dai magistrati contabili nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2015 sono cristalline: “Il confronto con l’Europa segnala una distribuzione dell’onere fiscale che penalizza i fattori produttivi rispetto alla tassazione dei consumi e del patrimonio”.
Proprio quello che dice Bruxelles, che chiede a Roma meno tasse sul lavoro e di più su Iva e casa. Il raffronto dell’Italia con il resto della Ue parla chiaro: siamo al primo posto nel prelievo (implicit tax rate) sui redditi da lavoro, sette punti oltre la media, al secondo in quello sui redditi d’impresa (tre volte il livello dell’Irlanda e 10 punti oltre la media), mentre siamo ventiduesimi sui consumi (2,1 punti sotto l’Unione). Nella tassazione sugli immobili, invece siamo quarti, con un gettito pari all’1,6% del Pil: poco sopra la media Ue, ma la nostra posizione è diventata tale solo dopo il significativo aumento (+0,9 punti) ottenuto con l’introduzione dell’Imu, quindi dal 2011 in poi. Insomma, secondo i tecnici, il taglio delle tasse sulla casa assomiglia più a una mossa elettorale che a un vero rilancio dell’economia. Repubblica 5 settembre 2015
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