Pietro Ingrao era in Portogallo quando Achille Occhetto, durante un incontro coi partigiani della Bolognina, annunciò la svolta. Il P.C.I. cambiava simbolo, nome, progetto politico nel tentativo di rispondere allo “tsunami” della caduta del muro di Berlino, della fine della guerra fredda e del vecchio assetto geopolitico emerso dopo la seconda guerra mondiale. Fu un turbine per un partito tetragono eppure dinamico come era il P.C.I. Nel Comitato Centrale del Partito, Ingrao col dito puntato, disse ad Occhetto: tu uccidi il Comunismo. Questa immagine mi colpì. E’ noto come Pietro Ingrao fosse contro la svolta. E fu decisamente contro anche quando Occhetto tentò di agganciare il cambiamento alla Perestroika (riforma) di Gorbaciov. Oggi Achille Occhetto afferma di aver commesso l’errore di non essere andato ad accoglierlo all’aeroporto al ritorno da Lisbona. Ciò farebbe supporre che l’allora Segretario del P.C.I. avrebbe potuto convincerlo a sostenere la svolta. Io non credo che ci sarebbe riuscito. Pietro Ingrao restò nel P.D.S. mentre Cossutta ed altri compagni lasciavano il Partito. Poi abbandonò anche lui mentre Giancarlo Pajetta, amareggiato per quegli accadimenti, moriva poco dopo. Crollavano certezze e ancoraggi ideologici al limite del dogma. I giovani furono decisivi nel sostenere la svolta che a Formia non passò per soli tre voti. All’epoca qualcuno la definì la roccaforte di Ingrao. Vittorio Foa fu favorevole al cambiamento affermando che “il Partito non poteva garantire la tranquillità di alcuno” significando che occorreva prepararsi a quel capovolgimento epocale ricercando nuove strade, nuovi compagni di viaggio, nuovi obbiettivi.
E tutto ciò poteva accadere solo se finivano rendite di posizione e ruoli consolidati dall’apparato. Era la lotta politica per i diritti, il lavoro innanzitutto, che doveva innovarsi in uno scenario mondiale completamente trasformato. Se quella svolta fu utile, se si poteva fare in altro modo, o se addirittura sia stata fatta su analisi errate o non fosse stata sufficiente sarà il tempo a dirlo. Il fatto è che sullo scenario mondiale comparve la globalizzazione. Con la caduta del muro, la scomparsa dell’Unione Sovietica e l’avvento (ma era già iniziata) della rivoluzione tecnologica, il vincitore (il cosiddetto neocapitalismo) acquisiva uno straordinario potere nell’economia e nella finanza a livello mondiale. La separazione tra politica e potere, con quest’ultimo interamente nelle mani dell’economia, ha generato squilibri planetari. Alfredo Reichlin nell’orazione a Monte Citorio ha affermato: “occorre difendere l’uomo dal denaro” e poi ancora “la politica non si può ridurre a mercato o a lotte di potere tra le persone. Occorre dare ad essa una nuova dimensione anche etica e culturale”. Questa è la lezione di Pietro Ingrao e questo è stata la sostanza del suo impegno nel “Centro per la riforma dello Stato” da egli stesso promosso.FC
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