Nella sede del circolo del PD che frequento c’è una foto di Enrico Berlinguer con la seguente frase; “la questione morale, nell’Italia di oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello Stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti. Se si continua in questo modo, la democrazia rischia di restringersi e di soffocare in una palude”
Sono passati tre decenni e quelle parole oggi sono di una attualità sconcertante.
E’ sconcertante che la questione morale sia uno dei tanti temi che la politica del nostro paese nelle sue diverse articolazioni, non riesce o non vuole affrontare con serietà.
e così anche a casa nostra, formia, questa estate è stata rovente e non per il clima.
le inchieste giudiziarie che interessano a vario titolo personaggi di spicco della nostra città stanno destabilizzando l’opinione pubblica, dando vita a quello che i giornali hanno definito sistema formia.
ma cos’è questo sistema? sia chiaro, la magistratura sta ancora lavorando e ad essa spetta il compito di stabilire responsabilità. ma possiamo già affermare che le intercettazioni uscite sui giornali questa estate, hanno tolto il velo su atteggiamenti, comportamenti che tutti noi sospettavamo.
insomma il sistema formia sarebbe uno scellerato connubio tra politica ed affari.
e così tutti ad indignarci per quanto fa schifo la politica, tutti a professare la propria onestà a dispetto di questo covo di disonesti e così via.
ma mi chiedo, sono i politici la madre di tutti i problemi?
è sufficiente sostituire una classe dirigente per intraprendere un nuovo corso? non sarei così ottimista.
quello che noi oggi chiamiamo sistema formia non è altro che una species del più grande sistema Italia. basta leggere i quotidiani nazionali per appurare come fenomeni di malaffare e corruzione si sprecano in tutta la penisola.
tutto ciò è il risultato della atavica tendenza dell’italiano medio a vedere le regole quale uno ostacolo, come si dice, fatta la legge trovato l’inganno. è questo quello che accade in Italia da ormai troppo tempo, come se il principio dell’arrangiarsi, dell’aggiustarsi i fatti propri a dispetto di regole e principi faccia ormai parte del dna nazionale.
ricordo una frase che ascoltai qualche anno fa dall’allora procuratore generale della procura di Napoli, Agostino Cordova. egli rivolgendosi a noi studenti di giurisprudenza disse “siamo arrivati al punto che non riusciamo più a distinguere il confine tra il lecito e l’illecito, tra quello che si può e non si può fare”.
mai come in questo periodo comprendo il significato di quelle parole e vi dico il perché.
a seguito dell’introduzione del decreto legislativo 33/2013 (legge sulla trasparenza) che segue il 190/2012 (legge anti corruzione) le maglie della gestione della res pubblica si sono notevolmente ristrette. oggi le amministrazioni devono confrontarsi con tali norme che ne limitano la discrezionalità di azione e dispongono la pubblicazione dei provvedimenti gestionali al fine di garantire un controllo alla cittadinanza.
è questa una vera e propria rivoluzione che ha trovato spesso le amministrazioni impreparate.
se infatti il passato appare caratterizzato da gestioni “allegre” della res pubblica, oggi viene imposto il rigore.
capirete che non è facile far entrare nella testa di chi fino a ieri era abituato a determinati comportamenti che la musica è cambiata, che “non c’è più trippa per gatti”.
per questo penso sia importante che chi oggi ricopre incarichi politici si assuma la responsabilità di assecondare, facilitare questo cambio epocale e non provare ad ostacolarlo sperando ancora una volta che questa diventi una riforma gattopardiana, dove tutto cambia affinché tutto resti uguale.
è questo il campo nel quale la politica deve dimostrare di aver cambiato passo, di aver capito che il consenso non si crea con contributi, piaceri, forzature ma operando bene nell’interesse generale di tutti, senza distinzione tra sostenitori ed oppositori.
Ernesto Schiano
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