Se si dovesse disegnare oggi la mappa del mondo in base alla forza economica dei singoli stati il quadro che ne uscirebbe sarebbe molto diverso da quanto immaginato fino a pochi anni fa. E’ questo quanto emerge dalle cifre pubblicate nell’International Comparison Program della Banca Mondiale, il principale strumento di analisi delle economie utilizzato come metro di giudizio da tutte le organizzazioni internazionali. Nei dati, rilasciati per la prima volta dal 2005, non mancano infatti le sorprese.
La più eclatante, quella che ha riempito le prime pagine dei giornali e acceso le attenzioni degli analisti, è sicuramente il sorpasso dell’economia cinese su quella americana. Dal 1872, anno in cui gli Usa sorpassarono il Regno Unito, infatti, gli Stati Uniti si troverebbero ad essere, per la prima volta, al secondo posto di questa speciale classifica. Che il sorpasso della Cina dovesse, prima o poi, arrivare era cosa ben nota, ma la maggior parte degli economisti datava questo avvenimento non prima del 2019. Una prospettiva figlia dello stesso, precedente, report dell’International Comparison Program, quello appunto del 2005, che fermava l’economia cinese al solo 43% di quella americana. Da allora però lo sviluppo del colosso asiatico si è rivelato molto più rapido di quanto previsto. Già nel 2011, secondo i dati riportati oggi dalle statistiche della Banca Mondiale, grazie alla sua straordinaria crescita, unita ad una nuova metodologia di analisi (che prendeva in considerazione il calcolo della parità di potere d’acquisto come metro di analisi delle economie mondiali), il PIL della Cina aveva raggiunto l’87% di quello statunitense.
Così i responsabili dell’International Comparison Program potevano affermare che “nel 2011 gli Usa rimanevano la prima economia del mondo, ma erano ormai seguiti molto da vicino dalla Cina, usando però come metro il calcolo della parità di potere d’acquisto”. Negli ultimi quattro anni il trend si è mantenuto a favore del paese asiatico, portando così rapidamente al clamoroso sorpasso. Basta infatti prendere in esame i dati del Fondo monetario internazionale per comprendere come si sia assottigliata, fino a colmarsi completamente, la distanza fra Cina e Stati Uniti. Nel periodo 2011-2014, infatti, la repubblica popolare guidata da Li Keqiang è cresciuta di un sorprendete 24% mentre gli Stati Uniti di un più contenuto 7,6%. Basandosi su queste cifre, e sul calcolo della parità di potere d’acquisto, l’economia cinese dovrebbe superare quella statunitense proprio quest’anno.
Un sorpasso che non rappresenta però l’unica novità nella classifica delle economie mondiali. La mappa del mondo che emerge dalla ricerca dell’International Comparison Program vede infatti salire al terzo posto, dal decimo occupato nel 2005, l’India; ennesima dimostrazione della vivacità dei mercati emergenti. Il subcontinente indiano, infatti, nell’arco di pochi anni, ha visto aumentare il proprio PIL dal 19% del valore di quello americano al 39% attuale. Accanto ai due principali mercati dell’Asia continentale entrano poi, nella Top 12, realtà come il Messico, il Brasile e l’Indonesia. Oltre allo sviluppo economico, per queste economie emergenti, non poco hanno contato l’andamento dei prezzi dei beni e dei servizi nei singoli stati, presi in analisi per il calcolo della parità di potere d’acquisto, decisamente favorevole alle economie più povere. A farne le spese sono stati dunque quei paesi che, accanto ad una crescita minore, hanno visto aumentare i propri costi, come l’Inghilterra e il Giappone. Uniche eccezioni, in un occidente falcidiato dalla crisi, appaiono la Germania e la “piccola”, per usare le parole del Financial Times, Italia che, nonostante le difficoltà, mantiene la sua posizione.
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