Poiché alcuni giorni fa c’era chi esultava per la “ripresa” nei primi tre mesi dell’anno della spesa, cresciuta dello 0,1% rispetto al precedente trimestre, sarebbe il caso, allora, di osservare l’andamento generale dei redditi per comprendere meglio l’impatto della crisi economica sulle famiglie. Che a leggere i dati contenuti nell’ultimo rapporto di Nomisma appare tornato ai livelli di fine anni ’80 per cui le famiglie devono ricorrere spesso ai risparmi (ma il 64,5% degli intervistati dichiara di avere risparmiato meno o nulla rispetto a un anno fa). Il potere d’acquisto pro capite delle famiglie è infatti diminuito nel 2013 dell’1,3%, registrando una diminuzione del 13% dal 2007 cioè prima dello scoppio della crisi economica. I consumi, invece, sono diminuiti del 2,8%.
C’è da rammentare che secondo la Confcommercio, che poche settimane fa si è riunita in occasione dell’Assemblea nazionale, la ripresa si allontana e si conferma più debole e lenta del previsto. Insomma, l’economia reale è ancora ferma al palo e occorreranno più di 11 anni per tornare ai livelli pre-crisi.
La parte più interessante del rapporto Nomisma riguarda tuttavia le abitudini delle famiglie, come cambiano rispetto alle difficoltà economiche. Ad esempio cala, e non di poco, la porzione di quanti sarebbero interessati all’acquisto di una nuova abitazione compensato dalle ristrutturazioni nelle case già possedute (una famiglia su cinque lo ha già fatto, una su quattro dichiara di volerlo fare).
In ogni caso sono le famiglie più giovani ad avere risentito maggiormente della caduta dei redditi e degli standard di vita. Quelle più “anziane”, infatti, risultano più coperte dal decremento dei redditi. È vero anche che la graduale uscita dalla recessione nella seconda metà del 2013 ha portato un pizzico di ottimismo nei giudizi degli intervistati sulle prospettive di crescita del paese e sulle condizioni finanziarie personali. Di norma le valutazioni restano basse, ma sono in rialzo rispetto all’anno precedente.
I consumatori “divorano” nuove informazioni
I comportamenti dei consumatori sono condizionati da diversi fattori: ad esempio le tendenze del momento, il pessimismo cosmico o gli scenari positivi spinti dai media. Dunque anche la semplice percezione di uno stato comatoso dell’economia può condizionare le scelte dei singoli nuclei familiari. Di recente si è stimato che ogni giorno siamo più esposti ai messaggi pubblicitari, considerato l’ingresso di nuovi mezzi di comunicazione, di circa il 35%. L’Istat rileva che “la quota di consumatori in grado di esprimere un valore puntuale relativo all’andamento del Pil e al livello del tasso di disoccupazione risulta in forte crescita dal 2010 (rispettivamente da 19,9% a 56,2% e da 27,1% a 59,2%)”, ma “la proporzione di coloro in grado di rispondere sul tasso di inflazione, in forte aumento tra il 2010 e il 2013, diminuisce invece nell’ultimo anno (da 32,4% a 26,4%)”. Dunque è molto probabile che i consumatori siano attenti in questa fase tanto alla pubblicità (offerte, nuove opportunità) quanto al trend economico al fine di assicurarsi puntuali valutazioni sul da farsi. “I principali canali d’informazione utilizzati dai consumatori per acquisire informazioni statistico-economiche – fa sapere l’Istat – sono la televisione (38%), i giornali (20,3%) e Internet (20,0%); seguono la radio (9,5%), le discussioni con parenti e amici (6,5%) e poi le pubblicazioni specializzate e scientifiche (2,5%) e i discorsi dei leader politici (2,4%)”.
Quasi il 60% degli intervistati, stando ai pareri raccolti dall’Istituto nazionale di statistica, dichiara di ritenere affidabili le statistiche ufficiali. La qualità e l’affidabilità delle informazioni diffuse dai mezzi di comunicazione sullo stato dell’economia italiana durante la recente crisi finanziaria sono state giudicate buone o sufficienti dalla metà degli intervistati.
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