I flussi elettorali sono gli interscambi di voto avvenuti fra i partiti nel corso di due elezioni successive. Nel nostro caso vengono stimati per singole città sulla base dei risultati delle sezioni elettorali. Si tratta di stime statistiche, e quindi di misure affette da un certo margine di incertezza. Le nostre analisi sono effettuate «su elettori» e non «su voti validi», al fine di poter includere nel computo anche gli interscambi con l’area del «non-voto» (astenuti, voti non validi, schede bianche).
Come in ogni tornata elettorale, anche in occasione del primo turno delle elezioni comunali del 5 giugno l’Istituto Cattaneo ha svolto delle analisi sui flussi elettorali di alcune delle città chiamate al voto.
In questo comunicato presenteremo i risultati di tali analisi. Nella prima parte daremo un quadro delle singole città considerate. Nella seconda parte affronteremo alcune questioni di carattere più generale che riguardano trasversalmente tutti i comuni.
Il confronto è stato fatto con le elezioni politiche del 2013. Porre a confronto elezioni di diverso livello è sempre problematico. Tuttavia ci è sembrato opportuno svolgere il confronto con le politiche del 2013, anziché con le comunali del 2011 perché tra il 2012 e il 2013, con il prepotente ingresso del Movimento 5 stelle nella competizione, il sistema politico italiano è radicalmente mutato. Le politiche 2013 può essere considerato il punto di partenza di un nuovo assetto sostanzialmente “tripolare” e costituiscono dunque una sorta di benchmark, al quale si possono confrontare le elezioni successive.
Le città considerate sono Torino, Novara, Bologna, Rimini, Napoli, Salerno e Cagliari.
Nota: i flussi di voto possono essere presentati in tre modi diversi.
Come flussi sul totale del corpo elettorale (in questo caso viene posto a 100 il totale degli aventi diritto al voto).
Come flussi in uscita (in questo caso vengono posti uguale a 100 gli elettori che nella prima elezione considerata hanno votato un certo partito e si ripartiscono a seconda della scelta nella seconda elezione).
Come flussi in entrata (in questo caso vengono posti uguale a 100 gli elettori che hanno votato un certo partito nella seconda elezione e si ripartiscono in base alla loro provenienza, ossia in base al voto nella prima elezione).
Nella prima parte del comunicato considereremo le singole città, osservando i flussi sul totale. Nella seconda parte considereremo alcune tendenze generali.
Parte I
Torino
Nella città della Mole, il primo aspetto da evidenziare riguarda i passaggi di voto tra il Pd e il M5s. Mentre esiste un flusso di voti in uscita dal Pd verso la candidata del M5s, non esiste un flusso che procede nella direzione opposta (per l’esattezza, il 4,7% dell’elettorato ha scelto il partito di Grillo dopo aver votato per il Pd nelle elezioni politiche del 2013).
In secondo luogo, l’astensione sembra essere diventato il porto verso cui approdano gli scontenti di tutti i principali schieramenti. Anche il M5s perde il una quota significativa di elettori (corrispondente al 5,3% del corpo elettorale) verso l’astensione. Ancora più consistente il contributo proveniente dal centro-destra (Pdl e alleati minori) nei confronti dell’astensione (7,4%). Tra i partiti maggiori, è il Pd quello che meno contribuisce alla crescita degli astensionisti (con una quota pari all’1,4% del corpo elettorale).
Nel complesso, dunque, l’astensione (cresciuta di più di 9 punti rispetto al 2011) gioca un ruolo cruciale negli esiti del voto torinese.
Nella prospettiva del ballottaggio, due ulteriori elementi messi in evidenza da flussi meritano particolare attenzione. Da un lato, non esistono flussi significativi tra la sinistra radicale e il “partito di Grillo”, il che lascerebbe intendere una certa “incomunicabilità” tra i due elettorati nel contesto torinese. Dall’altro lato, si può notare la presenza di un flusso di voti (pari all’1,4% dell’elettorato) che dal M5s raggiunge il candidato sindaco sostenuto dalla Lega nord (Alberto Morano).
Novara
L’analisi dei flussi elettorali di Novara, da trattare con cautela poiché presenta un VR – indicatore della bontà delle stime – pari a 14,6, molto vicino dunque alla soglia critica del 15%. Con cautela, osserviamo però alcuni interessanti movimenti di voto. Innanzitutto, si assiste ad un travaso di voti consistente da parte di tutti i principali partiti, ad eccezione del centro-sinistra, verso l’astensione. I contributi più rilevanti alla crescita dell’astensionismo derivano, in particolare, dal Movimento 5 stelle (è il 7,5% dell’elettorato che, dopo aver votato per il partito di Grillo nel 2013, nel 2016 non si è recato alle urne) e dai partiti di centro-destra (4,7%). Contestualmente, il Pd ha perso una parte dei propri consensi sia verso il M5s (2,2% rispetto all’intero elettorato) sia verso il candidato appoggiato dalla Lega nord e da altre liste alleate. Infine, si possono porre in evidenza i flussi di voto dai partiti di centro-destra (Pdl e affini nel 2013) verso la candidatura leghista di Alessandro Canelli – questo spostamento riguarda il 7,3% degli elettori di Novara.
Bologna
A Bologna i flussi indicano diversi aspetti degni di nota. Innanzitutto, si osservano rilevanti flussi di voto dal Pd ai candidati degli altri schieramenti, in particolare quelli del Movimento 5 stelle (3,6 del corpo elettorale) e della candidata di centro-destra (2,1%). Allo stesso tempo, il M5s, il centro-destra e liste di centro perdono numerosi consensi – superiori rispetto alle perdite del Pd – verso l’astensione. Infine, dai flussi elettorali emerge la forte capacità attrattiva di Lucia Borgonzoni (centro-destra), in grado di intercettare voti in modo trasversale, da sinistra a destra, compreso il M5s (sia dal Pd che dal M5s arrivano a Borgonzoni quote pari al 2,0% del corpo elettorale).
Il candidato del centrosinistra (Virginio Merola) risulta scarsamente attrattivo al di fuori della sua area di riferimento. A parte un flusso proveniente dalla coalizione centrista di Monti (1,4% del corpo elettorale), gli altri flussi sono praticamente irrilevanti. Anche dalla sinistra (Sel, Rivoluzione civile) non arriva quasi nulla a Merola: gli elettori di quest’area preferiscono l’astensione o Federico Martelloni.
Rimini
Nel caso di Rimini i flussi devono essere osservati con molta cautela per via di un VR, indice dell’affidabilità delle stime, superiore alla soglia critica di 15 (17,6). Questo comune è interessante per l’assenza del M5s e per la presenza di un candidato (Camporesi) proveniente dalle fila dello stesso Movimento. In realtà, questo candidato attrae solo un piccolo flusso di elettori dal M5s. Prevalentemente, chi aveva scelto il partito di Grillo nel 2013 si dirige verso l’astensione (11,1% del corpo elettorale) e, in misura inferiore, verso il centrosinistra (il 5,3% del corpo elettorale). Il candidato di centrosinistra (Gnassi) riesce a conquistare flussi abbastanza rilevanti da tutte le forze politiche, e questo spiega il suo successo al primo turno.
Napoli
La peculiarità di Napoli è data dalla presenza di un candidato come De Magistris, estraneo rispetto alle principali forze politiche nazionali. Tale estraneità innesca dinamiche elettorali originali. In particolare l’analisi dei flussi rivela che l’elettorato del M5s ha optato per De Magistris in misura più consistente di quanto non abbia fatto per il candidato “grillino” Brambilla (sul sindaco uscente converge una quota di elettori “grillini” pari al 6,2% del corpo elettorale, mentre Brambilla è scelto da una quota pari al 3,5%). In generale, il voto per De Magistris evidenzia una notevole “trasversalità”: verso di lui si dirigono, non solo i citati elettori del M5s, ma anche gli elettori che nel 2013 avevano scelto i partiti di sinistra (il 4,3% del corpo elettorale), il Pd (il 5,4% del corpo elettorale) e anche il centrodestra (il 2,3% del corpo elettorale).
La candidata del centrosinistra Valente mostra al contrario la sua debolezza nell’incapacità di tenere serrate le proprie fila (oltre al flusso verso De Magistris, l’elettorato Pd perde una quota importante di voti (pari al 4,4% del corpo elettorale) a favore dell’astensione.
È da notare peraltro che la stessa candidata conquista una quota di voti pari al 2,2% del corpo elettorale tra gli elettori della coalizione di centro-destra.
Tra questi, la quota più significativa (5,7% del corpo elettorale) preferisce l’astensione. Il 5,4% si dirige su Lettieri e quote già citate compiono il salto verso la candidata di centrosinistra o verso il sindaco uscente.
Salerno
Salerno è un caso molto particolare. Qui il vincitore (Vincenzo Napoli), esponente del centrosinistra, si è imposto a mani basse, surclassando con il suo 70,5% tutti i suoi avversari. I flussi evidenziano dunque la capacità di questo candidato di conquistare voti da tutti gli schieramenti, oltre che dal Pd. Gli elettori del Movimento 5 stelle, in queste elezioni privi di un loro candidato, si dirigono in massa verso il citato Vincenzo Napoli.
Cagliari
La conferma al primo turno di Zedda è frutto della sua capacità di “fare il pieno” tra gli elettorati dei partiti che lo sostengono mentre conquista quote di voti anche nei partiti degli altri schieramenti. Gli elettori della sinistra in larga maggioranza confermano il voto a Zedda, così come gli elettori del Pd (che però perdono un flusso non trascurabile verso l’astensione, il 4,3% del corpo elettorale).
Nel capoluogo sardo, l’elettorato del Movimento 5 stelle si rivela poco “fedele”. Si osservano infatti flussi che dal partito fondato da Grillo vanno sia verso Zedda (il 3,9% del corpo elettorale), sia verso il candidato del centrodestra Massida (il 5% del corpo elettorale), sia infine verso l’astensione (il 5,7% del corpo elettorale).
Parte II
Cercare temi comuni a tutte le città considerate può essere fuorviante. In occasione di elezioni comunali, l’offerta politica non è uniforme (per la presenza di candidati dal forte consenso personale, al di là delle liste che li sostengono, come De Magistris a Napoli, o per l’assenza di simboli che in altre città sono invece protagoniste, come il M5s a Rimini e a Salerno). Con cautela, è però possibile far emergere alcuni elementi ricorrenti.
Sono cinque le domande che ci siamo posti. 1. Da dove si alimenta in prevalenza l’astensione? 2. Come hanno scelto gli elettori che nel 2013 avevano votato M5s? 3. Da chi hanno preso i propri voti i candidati del M5s? 4. Come si sono comportati gli elettori che nel 2013 avevano votato Pd? 5. Come hanno, infine, scelto gli elettori che nel 2013 avevano optato per il centrodestra?
Da alcuni anni la crescita dell’astensionismo è una delle questioni maggiormente dibattute ad ogni tornata elettorale. Il confronto con le elezioni politiche può apparire inappropriato (alle comunali, come elezioni “di secondo livello”, l’astensione è quasi sempre maggiore). Tuttavia è interessante osservare quali sono le forze politiche che alimentano maggiormente il “surplus” di astensione.
La componente più consistente viene – prevedibilmente – da chi già si era astenuto nel 2013 (tra il 46% e il 67% di chi non ha votato nel 2016 si era già astenuto nel 2013). La componente proveniente dal M5s è molto variabile. Elevata (25,2%) a Rimini (dove manca un candidato di bandiera), bassa a Napoli e Salerno. La quota proveniente dal centro-destra non raggiunge picchi ma in tutte le città appare abbastanza consistente. La quota proveniente dal centro-sinistra appare più elevata a Cagliari e a Bologna.
Le scelte locali degli elettori 5 Stelle
Dopo le elezioni politiche del 2013, vi sono stati diversi turni di elezioni locali (comunali e regionali). Le performance del Movimento 5 stelle sono quasi sempre state meno brillanti che alle politiche. Una parte consistente di chi aveva scelto Movimento 5 stelle alle politiche, al momento delle elezioni comunali o regionali spesso si rifugiava nell’astensione o, in misura minore, tornava ai partiti tradizionali.
Le cose stanno però cambiando. Il Movimento 5 stelle si sta radicando sempre più e diventa quindi più “performativo” anche sul piano locale. Queste ultime elezioni mostrano con chiarezza questo processo di trasformazione del consenso del Movimento 5 stelle.
Il grafico presenta i flussi “in uscita” dall’elettorato M5s del 2013. Si registrano ancora fughe verso l’astensione (non solo a Rimini, dove in assenza di un proprio candidato fugge verso l’astensione quasi la metà del bacino elettorale del Movimento, ma anche a Bologna la percentuale degli astensionisti è consistente: il 39% di chi aveva votato M5s nel 2013), ma queste sono meno consistenti che in passato. Rari, e poco consistenti, i flussi verso altre forze politiche (a parte casi particolari come Salerno). L’elettorato cinque stelle tende dunque a diventare più “fedele” e “radicato”.
L’attrattiva dei candidati del Movimento 5 stelle
I flussi che riguardano il Movimento 5 stelle possono essere osservati anche dal lato opposto come flussi “in entrata” verso i candidati schierati da questa forza politica alle comunali. Poniamo dunque pari a 100 i voti di ciascuno di questi candidati e osserviamo quali sono le quote provenienti dalle varie aree politiche del 2013.
Contrariamente, a una vulgata diffusa, i flussi stimati in questa tornata elettorale (come quelli di precedenti tornate) mostrano che il Movimento 5 stelle non riporta al voto gli astenuti. La componente proveniente dall’astensione è, in tutte le città, irrisoria. Per il resto, i candidati 5S si nutrono dunque dei suoi elettori “fedeli” (di chi cioè lo ha scelto nel 2013 e oggi rinnova la sua fiducia) e – in alcune città – di “transfughi” dal centrosinistra (questi flussi sono particolarmente consistenti a Bologna e a Torino).
Il Pd tra fedeltà e infedeltà
Guardando i flussi in uscita del Pd, notiamo che la “fedeltà” degli elettori di questo partito è generalmente superiore al 60%. Fa eccezione il caso di Napoli, dove la fedeltà appare molto bassa. Flussi rilevanti verso l’astensione si osservano a Cagliari e Rimini, mentre flussi significativi verso il M5s si osservano – come detto in precedenza – a Bologna e Torino.
Il centro-destra e l’astensionismo differenziale
Nelle elezioni locali la coalizione capeggiata da Berlusconi è sempre risultata più debole. In molti casi, quello che può essere chiamato “astensioniso differenziale” è stata la ragione che ha portato alla sconfitta di questa coalizione. Questo fenomeno negli ultimi anni si è accentuato. Guardando i flussi in uscita dal bacino di elettori che nel 2013 avevano scelto Pdl, vediamo quote elevatissime che si dirigono anche questa volta verso l’astensione (a Torino è più della metà di questo elettorato ad astenersi, a Salerno, Napoli, Rimini e Bologna è circa un terzo). La crisi di consensi di questa parte politica si osserva anche nei flussi che da questa vanno verso il centrosinistra in alcune città come Rimini o Salerno.
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