Si è verificata in un territorio in cui la pericolosità delle frane è molto elevata, per le caratteristiche geologiche e per l’eccesso di costruzioni
La frana che ha ucciso almeno otto persone a Casamicciola Terme, a Ischia, ha avuto diverse cause. La più diretta sono state le piogge intense che hanno colpito l’isola campana a partire dalla mezzanotte di venerdì 25 novembre: in sei ore sono caduti 126 millimetri di pioggia, il dato più alto registrato negli ultimi vent’anni (periodo per cui si hanno dati). Da sole però le piogge non avrebbero generato la massa di fango che ha travolto case, strade e persone se il territorio di Ischia, e quello di Casamicciola in particolare, non fossero stati edificati all’eccesso, senza tenere conto delle caratteristiche idrogeologiche del suolo.
Queste caratteristiche erano molto note anche prima della frana di sabato, o per la precisione, della “colata detritica”. Nel 1910 una frana a Casamicciola causò la morte di 11 persone; altre due frane più recenti, una nel 1987, che distrusse un ristorante, e una nel 2009, provocarono ciascuna la morte di una persona. Casamicciola si trova infatti alle pendici settentrionali del monte Epomeo, la montagna più alta di Ischia, che ha origine vulcanica e raggiunge 789 metri di altezza: il suo versante a nord è ripido ed essendo fatto di ceneri e polveri vulcaniche è poco compatto, e per questo viene eroso facilmente dall’acqua.PUBBLICITÀ
Se piove molto insomma è facile che si creino delle colate di detriti, cioè frane composte da grandi quantità d’acqua oltre che da terra e vari materiali che vengono trascinati dall’acqua stessa.
Nelle cartografie dei Piani di assetto idrogeologico (PAI), previsti dalla legge per conoscere i rischi di alluvione nei territori e studiare soluzioni per ridurre gli eventuali danni e consultabili online sulla piattaforma IdroGEO, il 37,8 per cento del territorio del comune è indicato come a pericolosità da frana molto elevata e il 21,6 per cento a pericolosità elevata: nella prima area vivono 801 persone secondo i dati del PAI, nella seconda 1.229.
Secondo una prima valutazione del geologo Romeo Toccaceli, che ha lavorato come consulente per la ricostruzione di Casamicciola dopo il terremoto del 21 agosto 2017, la colata detritica ha seguito un percorso simile a quello della frana del 2009. «È partita dal versante nord dell’Epomeo, a circa 6-700 metri di altitudine», ha spiegato Toccaceli a Repubblica. Ha distrutto via Celario, nella parte alta del comune. Poi «ha percorso la rete di forre e canaloni che solcano il pendio ripido. Lungo il percorso i vari rami si sono ingrossati con massi e detriti, poi sono confluiti verso piazza Bagni». Questa è la stessa piazza in cui era morta la vittima del 2009, una ragazza di 15 anni.
La colata detritica di sabato ha poi proseguito fino al porto, percorrendo un paio di chilometri in totale e venendo rilevata anche dai sismografi dell’Osservatorio vesuviano dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV).
I danni fatti dalla colata detritica e la sua formazione – così come gli stessi rischi idrogeologici – non sono però dovuti solo alla naturale conformazione del territorio del comune di Casamicciola Terme, ma anche al modo in cui lo stesso territorio è stato utilizzato dalle persone.
«La cementificazione dei suoli ha ridotto la capacità di assorbimento delle acque, che scivolano a valle con una violenza devastante, trascinano fango ed altri materiali e creano disastri», ha spiegato al Corriere della Sera la geologa Micla Pennetta, docente di geomorfologia all’Università di Napoli Federico II. In un’area come quella di Casamicciola bisognerebbe realizzare dei terrazzamenti con rimboschimento, delle vasche di laminazione per raccogliere potenziali piogge in eccesso e canali di drenaggio.
Altri possibili interventi sono stati citati a Repubblica da Alessandro Trigila, ricercatore dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) e coordinatore del periodico rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia: «Sono possibili interventi di mitigazione: muri di contenimento, reti o barriere. Vicino Cortina c’è un sistema di telecamere che monitora le colate di detriti e, in caso di frana, invia un allarme che attiva i semafori per chiudere la strada a valle». Ma anche a fronte dell’aumento della frequenza dei fenomeni meteorologici estremi come il nubifragio del weekend a causa del cambiamento climatico, nelle zone più a rischio potrebbe aver senso «delocalizzare, cioè costruire altrove».
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