ROMA – “Non sono mai stato nella prigione delle Brigate rosse per confessare Aldo Moro”. Monsignor Antonello Mennini, nunzio apostolico in Gran Bretagna, chiude uno degli ultimi misteri legati al caso Moro. Parlando davanti alla commissione d’inchiesta, Mennini ha smentito la circostanza di un suo incontro con lo statista nel covo di via Montalcini, di cui aveva parlato Francesco Cossiga: “Purtroppo – ha detto monsignor Mennini – non ne ho avuto la possibilità, ma nella coscienza dei miei doveri sacerdotali ne sarei stato molto contento”.
Nel corso dell’audizione davanti alla commissione parlamentare, monsignor Mennini ha confermato che nei giorni del rapimento fece avere alla famiglia Moro alcune lettere dello statista recapitategli dalle Br. “In ogni caso – ha fatto notare – , se avessi avuto un’opportunità del genere credete che sarei stato così imbelle, che sarei andato lì dove tenevano prigioniero Moro senza tentare di fare niente? Sicuramente mi sarei offerto di prendere il suo posto, anche se non contavo nulla , avrei tentato di intavolare un discorso, come minimo di ricordare il tragitto fatto. E poi, diciamo la verità, di che cosa doveva confessarsi quel povero uomo?”.
Il nunzio apostolico – che in apertura di audizione aveva tenuto a sottolineare di essere stato già ascoltato sulla vicenda in sede parlamentare e giudiziaria per ben sette volte – ha confermato che “di un’eventuale confessione non avrei potuto dire nulla, né sui contenuti né sulle circostanze temporali e logistiche, ma non avrei difficoltà alcuna ad ammettere di essere andato nel covo delle Br. E’ che non ci sono mai stato”.
L’audizione di Mennini era molto attesa anche perché nella sterminata storiografia sul caso Moro era diventato egli stesso parte dei misteri. Un po’ a causa di Francesco Cossiga. All’epoca dei fatti ministro dell’Interno, Cossiga si dimise dopo il ritrovamento del corpo di Moro in via Cateani e negli anni seguenti espresse più volte la convinzione che ‘don Antonello’, allora sacerdote di 31 anni, non solo avesse incontrato il politico democristiano nel covo delle Br, ma gli avesse anche impartito l’estrema unzione prima della morte. In parte, però, anche a causa del suo ‘curriculum’ personale. Figlio del vicepresidente dello Ior, quando l’Istituto era presieduto da monsignor Paul Marcinkus, Mennini era viceparroco della Chiesa di Santa Lucia a Roma e poco dopo la vicenda Moro fu rapidamente ‘spedito’ dal Vaticano per tanti anni all’estero. Nel 1995, poi, convocato dalla Commissione stragi, scrisse una lettera in cui annunciava il suo rifiutò di deporre. “E’ anzitutto importante capire se e quali novità sono emerse dalla missiva del 1995 a oggi che possono averlo indotto a cambiare idea, spingendolo questa volta ad aderire alla richiesta di audizione da parte di un’altra Commissione parlamentare”, aveva scritto sull’Huffington Post il senatore Pd Miguel Gotor, membro della Commissione di San Macuto.
Mennini ha parlato anche delle iniziative del Vaticano per favorire la liberazione di Moro: “Immagino che il Santo Padre volesse che Moro fosse liberato, ma il clima che c’era era tale, con queste adunate oceaniche dei sindacati che dicevano che non si doveva trattare… Che poteva fare il povero Papa? Quindi ha cercato un’altra strada, quella del riscatto. Due o 3 anni più tardi – ha aggiunto – mi raccontarono che il Santo Padre aveva chiesto di mettere a disposizione 10 miliardi di lire, perché si era fatto balenare l’idea che le Br potessero accontentarsi solo di un riscatto”. Le pressioni del fronte contrario a qualsiasi trattativa con i brigatisti, con in testa il capo del governo di Giulio Andreotti, furono talmente potenti che lo stesso Paolo VI, nel suo accorato appello “agli uomini delle Brigate rosse” chiese che Moro fosse liberato “senza condizioni”.
“Io avrei trattatto – ha aggiunto l’arcivescovo – , potevano convocare la Camera, fare finta di discutere per prendere tempo. Come mai è stato detto no a tutto?. Se Fanfani avesse detto trattiamo questi si sarebbero fermati. Io ho avuto la convinzione e l’ispirazione di servire una persona a cui volevo molto bene e tentare nel mio piccolo di sottrarlo a quella morte immeritata”.
Sulle convinzioni di Cossiga, circa il suo ruolo di ‘postino’ tra le Br e la famiglia Moro, Mennini si è detto ancora sorpreso: “Il 21 aprile mi resi conto che ero intercettato.
Ho inteso il ritorno del registratore che ripeteva la frase appena pronunciata. Mi sembra strano che Cossiga dicesse ‘l’abbiamo perso’. Mi dispiace dirlo ma io non lo capisco, se lui riteneva, se era sua convinzione (che Mennini avesse raggiunto Moro nel covo delle Br, ndr), perché non farne parola con i miei superiori o con lo stesso Santo Padre?. Cossiga l’ho incontrato varie volte” e “non ha mai sollevato questa cosa. Capisco che poteva non sollevarla con me, ma se era così grave non poteva esimersi dal parlarne con Sodano o con il Santo Padre”.
Repubblica 09 03 2015 Repubblica
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