A PROPOSITO DEL PANE CALPESTATO A TORRE MAURA E LA LETTERA DI MARIO RIGONI STERN (di Francesco Carta)

Cum panis

Spesso vado a Ventotene per occuparmi del problema dell’acqua prodotta dal dissalatore. All’ora di pranzo passo al Conad da Umberto Matrone, amico e compagno di vecchia data, che mi fa preparare un panino con del formaggio fresco. Chiedo di togliere un pò di mollica. Il ragazzo al bancone, leva la mollica, la bacia e la getta in un secchio dove raccoglie tutto ciò che è commestibile per le galline. Ecco, quel baciare la mollica che viene scartata, ha il significato antico della sacralità del pane: farina ed acqua, cibo base per gli umani fin da quando da scimmie cominciarono a camminare eretti. Anche nella preghiera più importante e recitata dai cattolici si chiede, al Padre che sta nei cieli, il pane quotidiano come il bene più prezioso per la vita degli uomini.
C’è una panetteria a Folcalqier, in Provenza, che si chiama “cum panis”. Un’altra, stesso nome in Giappone a Kawaguci.

Insomma il pane, che in tutte le latitudini diventa ostia di comunione e cibo per gli affamati, a Torre Maura diventa un simbolo da distruggere per colpire i Rom. Quanta energia ci dà quel ragazzino che in gergo romanesco afferma, da solo, “nun me sta bene”, non ci sto. Lo dice con chiarezza e coraggio che la persecuzione delle minoranze, per il colore della pelle ed etnia, non gli sta bene. Ecco, ci dà un grande esempio. Sfida i fascisti di Casa Pound, confluiti lì per soffiare sul fuoco dei disagi di quel quartiere ed iniettare odio. La parola “Compagno” con la quale si indicavano gli aderenti alla parte politica della Sinistra, ed era anche il segno di appartenenza ad una comunità, deriva dall’espressione “cum panis”. In una lettera molto bella e significativa, indirizzata all’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia, lo spiega lo scrittore Mario Rigoni Stern. La ripropongo testualmente poichè il ragazzo di Torre Maura, con le sue affermazioni, ne esprime la sostanza:

Cari Compagni, 
sì, Compagni, perché è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino “cum panis” che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze. 
È molto più bello Compagni che “Camerata” come si nominano coloro che frequentano stesso luogo per dormire, e anche di “Commilitone” che sono i compagni d’arme. 
Ecco, noi della Resistenza siamo Compagni perché abbiamo sì diviso il pane quando si aveva fame ma anche, insieme, vissuto il pane della libertà che è il più difficile da conquistare e mantenere. 
Oggi che, come diceva Primo Levi, abbiamo una casa calda e il ventre sazio, ci sembra di aver risolto il problema dell’esistere e ci sediamo a sonnecchiare davanti alla televisione. 
All’erta Compagni!
Non è il tempo di riprendere in mano un’arma ma di non disarmare il cervello sì, e l’arma della ragione è più difficile da usare che non la violenza. Meditiamo su quello che è stato e non lasciamoci lusingare da una civiltà che propone per tutti autoveicoli sempre più belli e ragazze sempre più svestite. Altri sono i problemi della nostra società: la pace, certo, ma anche un lavoro per tutti, la libertà di accedere allo studio, una vecchiaia serena; non solo egoisticamente per noi, ma anche per tutti i cittadini. Così nei diritti fondamentali della nostra Costituzione nata dalla Resistenza.

Vi giunga il mio saluto, Compagni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia e Resistenza sempre.

Vostro Mario Rigoni Stern, Mira (Venezia)

20 gennaio 2007 (lettera inviata all’Anpi di Treviso)

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