CONSUMO, DUNQUE SONO: L’UOMO POST MODERNO SECONDO BAUMAN
(Zygmunt Bauman)
L’homo consumens è l’eroe che recita sul proscenio del mondo postmoderno, è l’artefice della società dei consumatori, contraddistinta dall’immediata e perpetua “ricerca della felicità”, che deriva non solo dalla soddisfazione dei desideri ma soprattutto dalla loro quantità e intensità.
Il sistema economico, tuttavia, fa in modo che i desideri non abbiano mai una fine e che la gratificazione non sia mai totale, per evitare la stagnazione del mercato. È questo il nervo centrale del pensiero del novantenne Zygmunt Bauman, filosofo e sociologo della società liquida, fra i principali divulgatori contemporanei.
Secondo lo studioso di Poznan, diversamente da quanto si potrebbe immaginare, l’uomo non è più felice rispetto ai suoi avi. Al contrario, è più alienato e isolato d’un tempo, disperso fra le pieghe di una vita frenetica e vuota, attore di una farsa grottesca per conquistare visibilità.
Per l’autore di “Consumo, dunque sono” e di “Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi“, l’esistenza è immersa in una società che fa del consumo la chiave di volta della realtà; come conseguente effetto, la formazione dell’identità dipende da ciò che si consuma e tutto viene trasformato in merce.
Nella società liquido-moderna, secondo Bauman, lo sciame inquieto sostituisce il gruppo, visto che non ha leader né gerarchie, essendo il consumo un’attività terribilmente solitaria. Vi sono, quindi, da un lato l’homo consumens e dall’altro l’homo sacer, il “carente di risorse” e per questo escluso, definito “consumatore difettoso o avariato“. Tale stato di cose ingenera una “miseria degli esclusi” che non è più considerata un’ingiustizia da risolvere, quanto piuttosto la macabra conseguenza di una colpa individuale.
Il consumo è, inoltre, sempre meno materiale, a differenza di quello che caratterizzava la lontana società dei produttori. Si spendono, difatti, fiumi di denaro elettronico (potremmo dire, “denaro astratto“) per aggiudicarsi merci e servizi intangibili ma gratificanti ed estatici, resi tali da emozioni che solo il brand è capace di suscitare; ciò è garantito dall’uso sfrenato che si fa delle nuove tecnologie e del mezzo immateriale per antonomasia, il web.
L’effetto più pericoloso di questo dato risiede senz’altro nella liquidità della vita e dei rapporti umani, scevri da confini e sicurezze, in cui la mutevolezza, l’incertezza e l’apparenza prendono il sopravvento in un fiume esistenziale ove tutto scorre sempre.
L’uomo postmoderno è prosciugato dal consumo di prodotti (im)materiali che consumano il sé in una vita frenetica ed agitata. Il vero valore dell’esistenza è quindi obnubilato in uno spesso velo di Maya che confonde e schiaccia l’individuo.
Per Bauman il singolo si considera un prodotto da pubblicizzare per essere vendibile al miglior offerente e questo permette allo studioso di lanciare il suo violento anatema, espresso nelle ultime pagine del libro “Consumo, dunque sono“: «Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo».
Michele Romano (Inside Marketing) Giovedì 12 Gennaio 2017
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