Scontri si sono registrati tra forze dell’ordine e manifestanti davanti a Villa Bellini di Catania, dopo che ha finito di parlare il premier Matteo Renzi. Il corteo ha tentato di forzare il blocco lanciando bottiglie e pietre. La polizia si è frapposta e sono nati dei tafferugli. Nella zona sono ancora in corso contatti e proteste.
L’apertura (ribadita) sull’Italicum e gli attacchi ai leader del passato (come D’Alema) che “vogliono fregarci il futuro”. Matteo Renzi a Catania chiude la Festa nazionale dell’Unità e mette ancora una volta in campo il proprio impegno sul referendum. Il premier manda, però anche un avvertimento a tutti i Dem. “Il Pd – scandisce – non è un insieme di correnti che dalla mattina alla sera sui giornali sparano alzo zero contro gli altri e seminando il panico tra i nostri militanti. Noi non ci faremo trascinare nella guerra del fango al nostro interno da chi pensa che sia opportuno litigare tra di noi, dimenticando che fuori di qui non ci sono le magnifiche sorti progressive, ma destra e populismi. E se non ce ne rendiamo conto tradiamo il nostro passato e il nostro futuro”.
Da sinistra, però, allo stato la porta sembra restare chiusa. “Allo stato delle cose il mio voto al referendum è no”. Lo afferma Roberto Speranza, della minoranza Pd, interpellato dopo aver ascoltato Renzi a Catania. “Se dovessero arrivare fatti concreti nelle prossime ore capaci di cambiare l’equilibrio riforma costituzionale-legge elettorale sarò ben contento di valutarle. Ma ad oggi questa è la mia posizione. Mi sarei aspettato qui a Catania maggiore coraggio e soprattutto un tentativo vero di abbassare i toni della polemica. Purtroppo così non è stato”.
Il premier elogia i valori del sud andando all’attacco della Lega ma detta anche la linea sul fronte M5s. “Non attacchiamo Virginia Raggi: rispettiamo il voto dei cittadini di Roma, facciamo vedere che siamo diversi da chi pensa che la politica sia guerra nel fango. Che abbiamo uno stile. Questo non significa abbassare la guardia” ma “noi le istituzioni le rispettiamo sempre, non quando c’è qualcuno dei nostri a governare. Prima del Pd c’è l’Italia”.
Il premier ribadisce la sua apertura sull’Italicum. “Ci hanno detto – sottolinea – che il problema del referendum era la legge elettorale: abbiamo detto che siamo pronti a discuterne. C’è bisogno però che gli altri facciano proposte, noi facciamo le nostre”. “Disponibilità totale a discutere di legge elettorale”, ma il premier attacca anche “chi fuori da qui con strumenti propri della cultura antagonista ha cercato di rovinarci la festa” che “non rappresenta una cultura antagonista, ma è nel solco di chi ha storicamente negato alla sinistra una ragione di esistere. Quelli che contestano e spaccano tutto non hanno in testa il futuro dell’Italia”.
Il premier ribadisce che il referendum non mette in discussione la legistratura. “Mi hanno chiesto di non personalizzare e ho smesso. Ho detto che la legislatura ha una vita a se stante. E non parliamo più del governo in caso di vittoria del No”. E attacca Massimo D’Alema: “Alcuni leader del passato vorrebbero fregarci il futuro continuando con le divisioni interne, le risse, le polemiche di tutti i giorni. A loro diciamo che questa è la riforma del Pd, come lo era dell’Ulivo e del Pds”.
Referendum non è congresso – “A chi vuole trasformare il referendum costituzionale nel congresso del Pd, diciamo: chi ha i voti vinca il congresso. Io ci sarò e aspetto anche loro”.
STOCCATA ALLA LEGA – “C’è chi strumentalizza il lavoro dei servitori dello Stato – va giù duro – chi si permette di andare in giro con le magliette immaginando di rappresentare lui la polizia ma per sette anni hanno bloccato il contratto di quelle persone e noi lo abbiamo sbloccato e abbiamo riconosciuto con gli ottanta euro che sono servitori dello Stato, non di un partito. Tenetevi le vostre camicie verdi e lasciate le magliette della polizia a chi è degno di portarle”.
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